Jorge Bonica ha presentato una denuncia contenente prove di tangenti che avrebbero coinvolto personaggi politici.
Il giornalista Jorge Bonica ha presentato una denuncia basata su prove riguardanti una presunta rete di corruzione che coinvolgeva politici di alto rango e agenti di polizia. Il caso è stato chiuso, nonostante contenesse trasferimenti, registrazioni audio e dichiarazioni formali.
Il giornalista ha presentato una denuncia con documenti, registrazioni audio e nomi, che è stata successivamente archiviata. Foto: Mauricio Zina/FocoUy
Il giornalista Jorge Bonica ha presentato pubblicamente un'ampia indagine iniziata più di tre anni fa, in seguito al contatto con un detenuto che ha confessato di far parte di un'organizzazione criminale internazionale. Secondo Bonica, il giovane detenuto ha fornito dettagli, nomi e prove che indicavano il pagamento sistematico di tangenti alla polizia e ai leader politici uruguaiani attraverso triangolazioni bancarie, conti digitali e istituti finanziari locali.
Tra i nomi menzionati dal whistleblower, identificato come Cristian Martín, figurano l'ex ministro dell'Interno Eduardo Bonomi, l'ex vicepresidente Raúl Sendic, l'ispettore generale Luis Mendoza e altri alti funzionari. Le cifre, secondo il giornalista, erano specifiche e supportate da documenti: da 5.000 a mezzo milione di dollari, a seconda dei casi.
Bonica ha spiegato di essere riuscita a ottenere più di 100 documenti, tra cui bonifici, ricevute e dati che collegavano i pagamenti tramite RedPagos, Mi Dinero, ScotiaBank, Cambios Gales e PayPal. Tutti questi elementi sarebbero stati consegnati al procuratore Estela Alciaturi, che all'epoca era responsabile del caso.
Il denunciante, che stava già scontando una pena per frode, avrebbe testimoniato volontariamente davanti all'ufficio del procuratore in condizioni di sicurezza speciali perché temeva per la sua vita. Secondo Bonica, Martin stesso aveva chiesto che il suo trasferimento per testimoniare non fosse collegato a una denuncia formale, per evitare ritorsioni all'interno del sistema carcerario. Il procuratore ha accolto questa richiesta, sostenendo che ciò fosse necessario per tutelare la sicurezza del detenuto.
Nonostante l'importanza del caso e le prove presentate, secondo Bonica, il pubblico ministero ha deciso di non inviare la documentazione necessaria per verificare l'autenticità dei trasferimenti e delle transazioni finanziarie sopra menzionati. Tale decisione è stata successivamente confermata da un documento riservato ottenuto dal giornalista, in cui si afferma che il caso è stato deferito direttamente agli Affari Interni, senza richiedere ulteriori azioni.
Dopo aver testimoniato, il denunciante fu trasferito al Modulo 11 del CONCAR, considerato uno dei più pericolosi del sistema carcerario. Bonica raccontò che lì tentarono di bruciarlo vivo e che dovette essere trasferito in un'altra area a causa degli sforzi diretti dell'allora ministro Jorge Larrañaga.
Il giornalista ha dichiarato che, nonostante la gravità delle accuse, il caso è stato infine archiviato. Secondo il suo racconto, ciò è avvenuto sotto la direzione del procuratore Domínguez, subentrato dopo il trasferimento di Alciaturi a Soriano. La sentenza del tribunale è stata pronunciata senza confermare le prove presentate da Bonica e dal querelante.
L'inchiesta menziona anche presunti legami con una banda di truffatori di origine russa i cui membri, secondo la denuncia, sono entrati nel Paese senza essere individuati dall'Interpol grazie a un presunto "accordo" che ha impedito l'attivazione degli allarmi immigrazione. Bonica si sarebbe persino recato a Piriápolis per verificare la loro presenza nel luogo in cui presumibilmente soggiornavano.
Sebbene il caso sia già stato archiviato dai tribunali, Bonica ha annunciato che richiederà una copia completa del fascicolo a Rivera e che ripubblicherà le informazioni, convinto che "le prove ci sono" e che la denuncia è stata ignorata.
Dal suo canale, il giornalista ha ribadito il suo impegno nelle indagini, ringraziando coloro che gli hanno fornito informazioni e affermando che non si tratta di un'altra denuncia, ma di un caso che, secondo le sue parole, "mette in luce come funziona l'impunità quando colpisce chi sta in alto".