MADRID, 21 (EUROPA PRESS)
Uno studio internazionale che ha coinvolto il Centro nazionale di microbiologia (CNM) dell'Istituto sanitario Carlos III (ISCIII) ha compiuto progressi che potrebbero facilitare la diagnosi rapida di un parassita che colpisce il fegato, causando un'infezione (l'opistorchiasi) collegata a un aumento del rischio di sviluppare il colangiocarcinoma, un tipo di cancro delle vie biliari.
L'Opisthorchis viverrini è un distoma epatico di grande importanza, presente soprattutto nel Sud-est asiatico, in particolare in paesi come Thailandia, Laos e Cambogia, e può infettare gli esseri umani attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto.
L'opistorchiasi, associata ad alti tassi di mortalità se non diagnosticata precocemente, è riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come cancerogeno biologico di gruppo 1 a causa della sua forte associazione con il colangiocarcinoma, un tumore che colpisce i dotti che trasportano la bile dal fegato all'intestino tenue.
L'obiettivo dello studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, era quello di sviluppare test diagnostici rapidi point-of-care (PoC) per l'infezione da O. viverrini e il colangiocarcinoma associato. Questi strumenti point-of-care consentono la diagnosi direttamente nel punto di cura del paziente. La ricerca è guidata da un team internazionale di ricercatori thailandesi, americani e australiani, tra cui Javier Sotillo del CNM-ISCIII.
Il lavoro rivela lo sviluppo di un microarray proteomico pionieristico – un chip in grado di analizzare materiale biologico eterogeneo, come i geni – basato sul secretoma del parassita, un insieme di proteine che funzionano al di fuori delle cellule. Questo strumento ha permesso di valutare la risposta di diversi anticorpi nel siero di persone infette da O. viverrini in Thailandia e Laos, e in pazienti con colangiocarcinoma correlato all'infezione.
Il ricercatore del CNM-ISCIII ha partecipato alla raccolta, all'analisi e all'interpretazione delle informazioni derivate dallo sviluppo del microarray. Grazie a questa analisi proteomica, sono stati identificati nove antigeni candidati per il miglioramento diagnostico, tra cui una proteasi catepsina C e un enzima IDH NADP-dipendente. Entrambi i candidati sono stati prodotti in laboratorio e applicati in test immunocromatografici rapidi per rilevare anticorpi specifici per l'infezione, dimostrando una maggiore sensibilità e specificità – oltre l'80% – rispetto ai metodi diagnostici convenzionali.
Questi due biomarcatori, secondo gli autori, potrebbero costituire la base per lo sviluppo di nuovi test sierodiagnostici per l'infezione e il cancro associato. "Questi strumenti diagnostici rapidi e standardizzabili potrebbero trasformare la sorveglianza di questo trematode epatico nelle aree endemiche del Sud-est asiatico, consentendo l'individuazione sia di infezioni attive che di casi di colangiocarcinoma in fase precoce, il che rappresenterebbe un'innovazione cruciale per migliorare la gestione, il controllo e la prevenzione di questa malattia altamente fatale", conclude Javier Sotillo.