MADRID, 20 (EUROPA PRESS)
Un team di ricercatori guidato dall'Università di Stoccolma (Svezia) ha scoperto perché alcune cellule nervose sono più resistenti alla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e cosa succede loro quando vengono colpite, fornendo maggiori informazioni su come proteggerle dalla malattia.
"Abbiamo capito meglio come le cellule nervose possono proteggersi dalla SLA. Questo apre nuovi bersagli per le terapie future", ha affermato Eva Hedlund, responsabile dello studio e professoressa di neurochimica all'Università di Stoccolma.
Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Genome Research' e condotto in collaborazione con il Paris Brain Institute (Francia) e l'Università di Örebro (Svezia), si è concentrato su una forma ereditaria di SLA causata da mutazioni nel gene SOD1, in cui i motoneuroni resistenti non rispondono in modo significativo alla malattia.
Tra le principali ragioni di questa resistenza potrebbero esserci livelli basali "molto elevati" di diversi fattori protettivi nervosi, come Engrailed-1 (En1), Parvalbumina (Pvalb), Cd63 e Galanina (Gal). In particolare, En1 funziona come un "interruttore" per i geni, controllando quali proteine vengono prodotte nella cellula.
"Da ricerche precedenti, sappiamo che può proteggere i neuroni sensibili dal deterioramento. Ma il fatto che il fattore protettivo sia prodotto a livelli così elevati nei motoneuroni resistenti che controllano i movimenti oculari è stata una sorpresa", ha affermato una delle coautrici dello studio, la Dott.ssa Melanie Leboeuf.
Gli scienziati hanno anche scoperto che i motoneuroni sensibili innescano risposte sia dannose che protettive contro la SLA, attivando geni come En1, Pvalb, Cd63 e Gal, che normalmente si trovano in livelli elevati nelle cellule resistenti.
Hanno anche spiegato che queste cellule sensibili tentano di ristabilire il contatto perso con i muscoli attivando geni che promuovono la rigenerazione, come Atf3 e Sprr1a, anche se questi tentativi "alla fine falliscono".
La scoperta di un'attività genetica basale e indotta distinta in diverse cellule nervose apre nuove possibilità di trattamento, che consistono nel tentativo di stimolare le cellule a sopprimere le risposte negative e a stimolare ulteriormente quelle importanti per la sopravvivenza.
Per comprendere meglio quali risposte genetiche nei neuroni motori possano essere utilizzate per predire la malattia, il team ha utilizzato tecniche di apprendimento automatico e intelligenza artificiale (IA). Sono stati in grado di identificare i geni VGF, INA e PENK come forti predittori della malattia in diverse mutazioni e come potenziali predittori per l'identificazione della SLA in campioni umani.
"Vediamo la possibilità che questi geni possano essere utilizzati come biomarcatori della malattia e aiutare nella diagnosi e nella prognosi", ha spiegato Irene Mei, prima autrice dello studio e dottoranda presso il Dipartimento di Scienze biomediche e biofisica dell'Università di Stoccolma.