Nell'Unione Europea cresce il consenso sull'utilizzo delle risorse russe per finanziare l'Ucraina.

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Foto di ALEXANDRE LALLEMAND

In un clima di crescente urgenza, alimentato dalla natura prolungata e brutale del conflitto in Ucraina, l'Unione Europea sta portando avanti con determinazione il dibattito su una proposta che fino a poco tempo fa sembrava improbabile e giuridicamente rischiosa: utilizzare i beni sovrani russi, congelati dalle sanzioni, per finanziare direttamente e in modo sostenibile la difesa e l'eventuale ricostruzione del Paese invaso. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha dichiarato mercoledì da Copenaghen che esiste un "crescente consenso" tra i 27 Stati membri sul fatto che la Russia, e non solo i contribuenti europei, debba sostenere il colossale costo economico e umano della guerra da lei scatenata. Questo cambio di paradigma riflette non solo un'urgente necessità finanziaria, ma anche la volontà politica di ritenere l'aggressore responsabile in modo tangibile e senza precedenti.

"La Russia è responsabile, ha causato il danno e deve essere ritenuta responsabile", von der Leyen ai giornalisti al vertice informale dei leader europei, gettando le basi per una tesi tanto morale quanto economica. La proposta, che la Commissione difende con veemenza definendola una "sana via giuridica", è concepita per aggirare le profonde complessità del diritto internazionale che tradizionalmente protegge i beni sovrani dalla confisca diretta. Propone invece un ingegnoso meccanismo finanziario: utilizzare i miliardi di euro appartenenti alla Banca Centrale Russa, vincolati in diverse istituzioni finanziarie europee, principalmente in Belgio, come garanzia per un ingente prestito destinato a Kiev. La chiave di questo meccanismo, ha spiegato la presidente, è che "l'Ucraina deve rimborsare questo prestito se la Russia paga le riparazioni". In questo modo, la responsabilità ultima del rimborso ricadrebbe sull'aggressore, creando un incentivo per Mosca ad adempiere ai propri obblighi di riparazione in un futuro di pace .

Il capo dell'esecutivo dell'UE ha sottolineato che il sostegno all'Ucraina è "blindato" e che, in un momento cruciale in cui il regime di Vladimir Putin sta costantemente "mettendo alla prova" la determinazione e l'unità del blocco, è essenziale mantenere un "senso comune di urgenza e unità". L'idea di mobilitare questi fondi non è del tutto nuova, ma ha guadagnato notevole popolarità nelle ultime settimane, data l'urgente necessità di garantire un flusso di finanziamenti stabile e prevedibile per Kiev, le cui risorse sono esaurite dalla guerra. La Germania, una delle economie più influenti e spesso caute del blocco, ha chiaramente sostenuto questa iniziativa. Il cancelliere Olaf Scholz ha pubblicamente sostenuto una formula simile, che comporterebbe un prestito di circa 140 miliardi di euro, una cifra che potrebbe cambiare drasticamente la resilienza dell'Ucraina, da rimborsare solo se Mosca risarcirà Kiev al termine del conflitto.

Dai Paesi baltici, la cui vicinanza geografica e storica alla Russia conferisce loro una prospettiva unica sulla minaccia, il Primo Ministro estone Kaja Kallas, una delle voci più forti e coerenti contro il Cremlino, ha insistito sulla necessità di agire con la massima rapidità. "Stiamo lavorando a questa iniziativa per procedere il più rapidamente possibile", ha ammesso, pur riconoscendo francamente che il percorso diplomatico non è del tutto chiaro. "Non tutti gli Stati membri sono a bordo, non c'è ancora il sostegno di tutti. Non posso stabilire una tempistica, ma stiamo cercando di procedere il più rapidamente possibile", ha sottolineato, evidenziando gli intensi negoziati ancora in corso a porte chiuse tra le capitali europee per allineare le posizioni e mitigare i rischi percepiti.

I principali dubbi e le resistenze più evidenti provengono dal Belgio, un Paese che svolge un ruolo assolutamente centrale in questo dibattito, poiché la maggior parte dei fondi russi è detenuta sul suo territorio tramite la camera di compensazione Euroclear. Il Primo Ministro belga Alexander De Croo ha espresso serie e fondate riserve sulla legalità e, soprattutto, sulle potenziali conseguenze a lungo termine di tale misura. La scorsa settimana, ha avvertito con forza che una simile mossa "non accadrà mai", sostenendo l'enorme rischio di creare un pericoloso precedente per la stabilità finanziaria globale. "Se i Paesi si rendono conto che la moneta della banca centrale può scomparire ogni volta che i politici europei lo riterranno opportuno, potrebbero decidere di ritirare le proprie riserve dall'eurozona", ha ragionato. Questa potenziale fuga di capitali, teme Bruxelles, potrebbe destabilizzare la moneta unica e danneggiare irreparabilmente la reputazione dell'Europa come rifugio sicuro e affidabile per gli investimenti internazionali .

La Francia adotta una posizione più intermedia, cercando un equilibrio tra audacia e prudenza. Il suo presidente, Emmanuel Macron, ha dichiarato che qualsiasi opzione concordata alla fine dovrà essere "operativa" e "priva di debolezze giuridiche" per evitare futuri ricorsi nelle corti internazionali. Pur considerando positiva la spinta politica della Commissione, ha anche condiviso le preoccupazioni belghe sulla fiducia nel sistema finanziario. "Noi europei dobbiamo rimanere un luogo attraente e affidabile. Quando i beni vengono congelati, il diritto internazionale viene rispettato, ed è ciò che ha ribadito il primo ministro belga", ha sostenuto Macron, cercando di conciliare la necessità di sostenere l'Ucraina con l'obbligo di preservare l'architettura finanziaria del continente.

Nel frattempo, altri partner come Svezia e Finlandia, entrambi recentemente entrati a far parte dell'Alleanza Atlantica e profondamente consapevoli della minaccia russa, hanno diffuso un documento congiunto per chiarire il loro inequivocabile sostegno alla proposta. Nel testo, sostengono che l'utilizzo di risorse russe è una misura vitale per "rafforzare la difesa dell'Ucraina" e gettare le basi per la sua eventuale ricostruzione. "La sopravvivenza dell'Ucraina e la sicurezza dell'Europa dipendono dal soddisfacimento sostenibile delle sue esigenze finanziarie e di difesa", hanno affermato, chiedendo all'Unione di svolgere un "ruolo centrale" nel fornire a Kiev finanziamenti "prevedibili e sufficienti". Il dibattito, carico di implicazioni geopolitiche e finanziarie, è in corso e la decisione che i leader europei prenderanno nei prossimi mesi definirà non solo il futuro del sostegno all'Ucraina, ma anche le regole non scritte del sistema finanziario internazionale per i decenni a venire.

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